Per il salvataggio delle due Banche Venete in cattive acque già da tempo si sa che la via passa anche per un certo numero di esuberi che dovrebbero essere risolti attraverso uscite volontarie e pre pensionamenti, quindi con modalità meno dolorose possibile ma pare che questo non sarà sufficiente, che si debba procedere a veri e propri licenziamenti, a riduzioni di personale oltre alle forme già preannunciate. Il piano di salvataggio è all’esame di Bruxelles che sarebbe orientato a chiedere che il risanamento delle Banche passi anche attraverso tagli decisi di costi e altre strategie ma tagliare ulteriormente i costi significa anche ridurre il costo per il personale, ossia licenziare una quantità di dipendenti che non è ancora quantificata.
Al momento il personale delle due banche assomma a 11 mila unità complessive, di cui 5.400 sono dipendenti della Popolare di Vicenza, 6.200 quelli della Veneto Banca. Per ora quello che si sa è che oltre ai 3,5 miliardi di euro versati nelle due Banche dal Fondo Atlante, la BCE richiede ulteriori 6,4 miliardi. Il buco di ammanco andrebbe coperto intanto con un’azione di Burden Sharing, cioè con la conversione forzata dei Bond subordinati, poi con la cessione di asset e aiuti dello Stato con una ricapitalizzazione precauzionale ma il rapporto Costi/Ricavi deve rientrare entro parametri precisi impostati da Bruxelles, dall’Antitrust Europeo, quindi con risparmi, con contenimento di costi che necessariamente passa per la riduzione del personale.
La Veneto Banca ha già cominciato a muoversi in tale direzione con la cessione di Bim e delle controllate estere, con una riduzione di 1000 unità circa, ancora insufficienti. Tocca anche a 250 Dirigenti lascare la Banca e poi si passerà alla scrematura dei bancari ma quanti ancora non è dato sapersi.